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Trasferirsi all'estero in tempi incerti: storie di chi ce l'ha fatta

jeune homme a l'aeroport
mstandret / Envato Elements
Scritto daAsaël Häzaqil 21 Maggio 2025
Tradotto daFrancesca

Nell'era post Covid-19, e a fronte dell'instabilità economica globale, sempre più persone vagliano la possibilità di andare a vivere all'estero. Per alcuni è ancora un sogno lontano, per altri si è già avverato. La vita degli espatriati, però, non è un percorso lineare e le difficoltà non mancano. Per trovare il proprio posto in un Paese straniero servono determinazione e resilienza. Abbiamo raccolto le loro testimonianze.

Lasciare tutto per ricominciare altrove: esperienze di chi l'ha fatto

Sono imprenditori, ingegneri, pasticceri, farmacisti, medici, agricoltori, coordinatori di viaggi e manager. Alcuni sognavano di trasferirsi da anni; altri hanno deciso nel giro di pochi giorni. Che il loro trasferimento sia frutto di una lunga pianificazione, o di una scelta impulsiva, tutti hanno una cosa in comune: si sono guadagnati il proprio posto in un nuovo Paese - spesso a caro prezzo.

Un espatriato nel Regno Unito parla delle “problematiche infinite con la burocrazia”, esacerbate dal fatto che “non parlava una parola d'inglese”.

Altri hanno affrontato un forte shock culturale arrivando in luoghi molto diversi da casa. “Ho provato la vita da nomade digitale in Brasile,” ha raccontato uno di loro. “È stato un disastro. Non per colpa del Paese, ma perché ero impreparato. Quel tipo di vita non faceva per me. Sono tornato in Brasile in un secondo momento, con un piano ben strutturato. Alla fine ho fondato la mia azienda.”

Il clima geopolitico attuale spinge molti professionisti a cercare stabilità - e nuove opportunità - all'estero. “Sono anni che si parla di crisi, non c'è via d'uscita” ha detto una professionista del marketing trasferitasi in Australia. “Non dico che in Australia sia tutto rose e fiori. Ma se hai un piano, è meglio provarci che vivere di rimpianti. Spesso abbiamo paura di buttarci perché temiamo di fallire. Ma una volta accettato il fallimento come parte del percorso, diventa un motivo per andare avanti.”

Ricominciare da capo per trovare il proprio spazio nel mondo

Affrontare un fallimento personale è difficile, ma quando c'è di mezzo la famiglia, la posta in gioco si fa ancora più alta.

“Ammiro gli espatriati che si dicono felici e realizzati,” ha detto un aspirante espatriato. “Ho ricevuto un'offerta di lavoro da una startup canadese. Mia moglie è medico, lì troverà lavoro facilmente. Io invece ho già vissuto un fallimento lavorando per una startup in Francia. E se succede di nuovo in Canada? Abbiamo appena comprato casa. I nostri figli sono ben inseriti sia a scuola che nel quartiere. Non so se ho la forza di ricominciare da capo. Sono ansioso per natura... eppure vorrei davvero provarci.”

Fare il grande salto non è mai facile. Il peso emotivo del cambiamento può essere enorme, soprattutto quando si coinvolgono altre persone. Ma chi ha fatto il passo raramente si pente, anche se l'esperienza all'estero è stata breve.

“Sono tornato perché mi mancava troppo la mia famiglia.”
“Dopo il Covid, non ho potuto riavere il mio vecchio lavoro.”
“I nostri figli volevano tornare a casa per studiare. Li abbiamo seguiti.”

Che restino per sempre o tornino dopo qualche anno, l'integrazione richiede tempo e ogni percorso è diverso. Alcuni tornano al punto di partenza. Altri costruiscono una nuova vita da zero.

François, studente di ingegneria in Francia

Nato a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, François, 23 anni, non aveva mai considerato di andare a vivere all'estero. È stato solo dopo aver deciso di studiare ingegneria che l'idea ha preso forma. La prima destinazione è stata il Senegal. “L'università aveva un'ottima reputazione,” spiega.

Lì ha scoperto che l'ateneo aveva sedi anche in altri Paesi - Canada, Germania, e Francia, tra gli altri. “Avevo la possibilità di proseguire il corso di laurea, o di fare il master, in nazioni diverse dal Senegal,” racconta. Ma François era titubante. “A Dakar stavo bene. Parlavo bene il wolof. Avevo amici, una routine, perfino un lavoretto nel mio settore. Ero lontano da casa, ma ancora relativamente vicino, rispetto all'Europa o al Nord America.”

La sua famiglia, però, l'ha incoraggiato a guardare più lontano. “Nel 2023, la situazione a casa era difficile. Noi stavamo bene, ma altri non erano così fortunati,” racconta. La ricomparsa del gruppo ribelle M23 - attivo dal 2021 - era sfociata in un nuovo conflitto, culminato in un'offensiva nel dicembre 2024. Il 23 aprile fu annunciata una tregua, pur restando forte l'incertezza.

Alla fine, François ha scelto la Francia, più precisamente Montpellier. “C'ero già stato e sapevo cosa aspettarmi, ma il clima politico mi ha scoraggiato subito.”

Trasferirsi all'estero: tra difficoltà e speranza

I primi mesi in Francia sono stati segnati da frustrazione e incertezza. Nonostante un buon curriculum, François non riusciva a trovare né un lavoro part-time né un contratto di apprendistato. “Vivere di risparmi è tremendo,” dice. “All'inizio ero fiducioso. Ma dopo otto mesi, è subentrato lo sconforto. Mi vergognavo. La mia famiglia mi mandava soldi, però io volevo tornare a casa. Mi sentivo fuori posto, come se nessuno mi volesse lì.”

Il punto di svolta è arrivato alla fine dell'anno accademico. François aveva ottenuto ottimi voti, ma gli mancava ancora l'apprendistato per concludere il percorso. “Sapevo che sarebbe stato difficile trovarlo, ma non immaginavo così tanto.” Per fortuna la scuola è intervenuta. “Mi ha supportato, dandomi la possibilità di rimandare l'apprendistato in autunno. Non ero l'unico in difficoltà, altri miei compagni di corso erano sulla stessa barca.”

Aggrappandosi a quella speranza, François è riuscito a trovare un lavoretto. Proprio quando le cose sembravano migliorare, ha ricevuto un'OQTF - Obbligo di Lasciare il Territorio Francese. “La gente pensa che solo i criminali ricevano queste ordinanze, ma anche molti studenti internazionali, perfino quelli che superano gli esami, vengono espulsi,” spiega.

Ancora una volta, la scuola si è mobilitata in suo favore. In attesa di risposte, François ha continuato a cercare un apprendistato. “Mi sono detto: se nessuno mi dà una possibilità, me la darò da solo.”

Quella possibilità è arrivata a novembre 2024, quando ha finalmente trovato l'apprendistato che cercava. “Pensavo che l'OQTF sarebbe stato automaticamente annullato, ma la burocrazia francese è complicata,” dice con un sorriso ironico. Malgrado la situazione, ha saputo mantenere la calma. “Ho ottenuto un permesso temporaneo che mi permette di restare mentre i documenti vengono esaminati. Presto avrò i documenti definitivi.”

Guardando indietro, François vede quanta strada ha fatto. “Dopo tutto quello che ho passato, non ho intenzione di mollare. Sento di aver trovato il mio posto: me lo sono guadagnato.”

Céline, chef in Giappone

Céline vive a Sendai - una grande città nel nord di Honshū, l'isola principale del Giappone - insieme al marito e ai loro tre figli. Pur avendo già visitato il Giappone diverse volte, non aveva mai pensato di costruire lì la sua vita, lontana dal Belgio. “Sono molto legata alla mia famiglia. Il Giappone mi sembrava troppo lontano.”

Poi si è innamorata - non solo del Paese, ma dell'uomo che sarebbe diventato suo marito. “Sembra un cliché, ma è andata proprio così. Avevo 20 anni, era il 2015. Mi sono detta: ‘Potrebbe essere il più grande errore della tua vita. Buttati - sei ancora giovane.'”

All'epoca, Céline studiava informatica. “Niente a che vedere con la cucina, che è sempre stata la mia vera passione. Ma mia madre, un'ingegnera informatica, ripeteva sempre: ‘Non ti mando a scuola per vederti finire dietro ai fornelli!”

Dopo la laurea, Céline si concede un viaggio premio in Giappone e li incontra Kai, suo futuro marito. "Mi persi dentro la stazione di Ikebukuro, uno degli snodi ferroviari più affollati di Tokyo, mi ha aiutata a trovare l'uscita. L'alternativa era passare la notte lì! Abbiamo continuato a sentirci, mischiando le lingue—io in francese, Kai in giapponese, e un po' d'inglese nel mezzo.”

Nel 2015, qualcosa è cambiato. “Al mio rientro in Belgio, dopo uno dei viaggi per vedere Kai, ho detto ai miei genitori che volevo andare a vivere in Giappone!”

Costruire una vita all'estero, un passo alla volta

All'inizio, Céline non aveva un piano preciso. Non parlava giapponese e il Belgio non aveva un accordo di Working Holiday Visa (WHV) con il Giappone. “In quel momento ho davvero invidiato i miei vicini francesi! Ho dovuto optare per un visto da studente.”

Determinata a farcela, ha lavorato due anni in Belgio per finanziare gli studi. “Facevo sul serio! Se volevo stare con Kai, dovevo rimboccarmi le maniche. E visto che avrei studiato, ho scelto una scuola con un percorso in arte culinaria.” Nel frattempo, Kai aveva ottenuto un apprendistato in un ristorante a Sendai.

Nel 2017, Céline è tornata in Giappone, stavolta per restarci. Lei e Kai hanno costruito la loro vita insieme, un passo alla volta. “Sono avventurosa. Ovviamente ho fatto tanti errori, ma fanno parte del processo. Ho subito trovato un lavoretto part-time. Mi sono diplomata, sono entrata in una scuola di cucina, e mi sono laureata di nuovo.”

Insieme sognavano di aprire un ristorante che unisse le culture belga e giapponese. Poi è arrivato il Covid, e tutto si è fermato. “Abbiamo festeggiato il compleanno di Kai come due pagliacci tristi in lockdown. L'umore non era dei migliori, ma ci siamo comunque divertiti! Per fortuna, potevamo sentirci online con la famiglia. Ho capito che si può essere lontani e sentirsi comunque vicini.”

Ripartire dopo le difficoltà

Durante il lockdown, Céline ha messo a frutto la sua formazione in informatica, perfezionando il progetto imprenditoriale suo e di Kai. “Abbiamo sfruttato quel periodo per sposarci e mettere su famiglia! Di tempo ne avevamo…”

Mentre il mondo era in pausa, Céline nota che molti anziani del quartiere vivevano isolati. “Ho creato una specie di mini social network - molto ristretto, era più una chat” racconta. Attraverso quell'app offriva lezioni di cucina a distanza agli anziani della zona. “Dopo il lockdown, volevamo mantenere vivo quello spirito di connessione.”

La risposta è stata un progetto audace: uno spazio che fosse insieme ristorante, sala da tè e punto di incontro per la comunità. Céline si è buttata anima e corpo nel progetto e, nel mentre, ha scoperto una nuova forma di famiglia. “La solitudine è una tragedia invisibile. Lo è qui, come in tanti altri Paesi. Potendo unire le persone attorno a un pasto semplice e buono, perché no?”

Oggi Céline si sente pienamente integrata nella vita giapponese. “Torno volentieri in Belgio per vedere la mia famiglia. Amo vivere qui, in Giappone. Ho trovato il mio posto.”

E per loro, sta iniziando un nuovo capitolo. Céline e Kai stanno per rilevare il ristorante del nonno di Kai a Niigata, una città costiera nel nord di Honshū. “Adoro il nonno acquisito e la mia famiglia giapponese! Siamo tristi di lasciare il nostro bistrot di quartiere, ma lo affidiamo a dei partner locali. I genitori di Kai erano inizialmente scettici, ma ora ci sostengono. Sarà un'avventura meravigliosa!”

Vita quotidiana
A proposito di

Asaël Häzaq, web editor specializzato in notizie politiche e socioeconomiche, osserva e decifra le tendenze dell'economia internazionale. Grazie alla sua esperienza come espatriata in Giappone, offre consigli e analisi sulla vita da espatriato: scelta del visto, studi, ricerca di lavoro, vita lavorativa, apprendimento della lingua, scoperta del Paese. Titolare di un Master II in Giurisprudenza - Scienze Politiche, ha sperimentato anche la vita da nomade digitale.

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