
Per tanti italiani che vivono fuori, l'estate non è solo vacanza: è ritorno a casa. C'è chi approfitta per passare qualche settimana dai genitori, chi lascia i figli dai nonni, chi si concede il lusso di rivedere amici e posti familiari. È un tempo sospeso, pieno di cose che durante l'anno mancano. Ma settembre arriva sempre, con il suo bagaglio di valigie da rifare e vite da riavviare nel Paese di espatrio.
Quando il rientro sembra un altro trasloco
Riprendere la routine non è mai un gesto automatico. Non significa soltanto tornare al lavoro o a scuola, ma riadattarsi a un contesto diverso, con lingue, ritmi e regole da riprendere. Per molti il rientro somiglia a un trasloco in miniatura: stesso bagaglio di fatica, stessa sensazione di dover cominciare da capo.
E, proprio come in un trasloco, c'è sempre qualcosa che sembra non trovare posto: un'abitudine che stona, una nostalgia che pesa. Serve tempo per rimettere a posto i pezzi e sentirsi di nuovo “a casa” nel Paese di residenza.
Genitori: rimettere insieme i pezzi
Per chi lavora, la sfida è doppia. Dopo giorni passati a parlare solo italiano, la testa fatica a rimettersi in moto con riunioni e mail in un'altra lingua. “La prima settimana serve solo a ritarare il cervello”, dicono in tanti ridendo. Ma c'è anche la logistica: orari d'ufficio, mezzi di trasporto, attività extrascolastiche. In Italia c'erano i nonni a dare una mano, a fare da rete silenziosa. All'estero, quella rete spesso manca, e ci si ritrova a fare i conti con incastri quotidiani che richiedono inventiva e nervi saldi.
Qualcuno prova a compensare con nuove routine o con l'appoggio di altre famiglie espatriate, creando piccoli sistemi di mutuo aiuto. Non è la stessa cosa, ma permette di sentirsi meno soli e di affrontare la ripartenza con maggiore leggerezza.
Figli: tra entusiamo e malinconia
Per i bambini e gli adolescenti il rientro ha un sapore dolceamaro. Da un lato la voglia di ritrovare i compagni, dall'altro la malinconia di salutare cugini e nonni. E poi c'è la scuola: sveglia presto, orari serrati, insegnanti che chiedono subito attenzione. Dopo settimane di libertà, bisogna rimettersi in carreggiata.
Per molti di loro questo passaggio diventa una prova di resilienza: imparano che possono abitare due mondi senza smarrirsi. A volte basta un piccolo incoraggiamento, o un momento di ascolto da parte dei genitori, per trasformare la nostalgia in racconto, e la fatica in crescita.
Come rendere il rientro più morbido
Non esistono formule magiche, ma piccoli gesti che fanno la differenza. Si può cominciare a regolare il sonno e i pasti qualche giorno prima di ripartire, per non trovarsi catapultati in una routine troppo brusca. Si possono trasformare i ricordi in un racconto: portare a scuola una foto scattata con i nonni, un disegno fatto con i cugini, una storia che tenga vivo il legame con l'Italia.
Anche i rituali aiutano: la pizza in famiglia la domenica sera, la chiamata fissa ai nonni, un gesto familiare che continua a fare da ponte. E quando la vita di tutti i giorni diventa un puzzle di incastri, organizzarsi insieme può alleggerire: un calendario in cucina con gli impegni da ricordare, scritto a più mani, che diventa un gioco di squadra. L'importante è non nascondere malinconia o fatica: dare un nome a quello che si prova, ascoltarsi, è spesso il passo che rende tutto più umano.
Questi piccoli accorgimenti non cancellano la nostalgia, ma la rendono più gestibile. Sono come fili sottili che tengono insieme due mondi diversi, senza spezzarne nessuno. Alla lunga diventano abitudini rassicuranti, una bussola per affrontare settembre con più serenità.
Vivere il rientro come un'opportunità
Il rientro non piace a nessuno: è faticoso, mette alla prova e a volte sembra non finire mai. Ma è anche il momento in cui si rivela la forza silenziosa di chi vive all'estero. Significa accettare che la fatica fa parte del gioco, che trovare equilibrio tra due terre è un compito che non finisce mai.