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Il tuo matrimonio è riconosciuto all'estero?

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travellersnep / Envato Elements
Scritto daAsaël Häzaqil 18 Settembre 2025
Aggiornato daFrancescail 18 Settembre 2025

Di solito non è la prima cosa a cui pensano le coppie che vogliono ufficializzare la loro relazione. Eppure la scelta del tipo di unione può influire molto su un progetto di espatrio. Perché quando si parla di matrimonio entrano in gioco anche il permesso di soggiorno e i diritti riconosciuti all'estero. Resta allora da capire come le diverse legislazioni interpretano questa nozione.

I diversi tipi di matrimonio nel mondo

Parlando di matrimonio si pensa quasi sempre a quello civile come prima forma di unione. In realtà esistono anche altre possibilità che possono dare alla coppia un riconoscimento legale.

Matrimonio civile

E' la forma di matrimonio riconosciuta dalla maggior parte degli Stati. Il matrimonio civile viene celebrato in municipio o in un'altra istituzione pubblica autorizzata (come un consolato o un'ambasciata). In caso di matrimonio all'estero, gli sposi devono presentare tutti i documenti richiesti, tradotti nella lingua del Paese in cui avviene la celebrazione. Se il matrimonio si svolge nel Paese ospitante, il partner straniero deve di norma fornire un certificato di capacità matrimoniale rilasciato dal proprio Paese d'origine. Il matrimonio civile è l'unica forma di unione riconosciuta da tutti gli Stati.

Matrimonio religioso

A differenza del matrimonio civile, quello religioso non gode sempre di un riconoscimento legale, a causa della separazione tra Stato e Chiesa. Nei Paesi in cui la religione ha un riconoscimento ufficiale, il matrimonio religioso può avere anche valore legale.

Religione cristiana

Nei Paesi di tradizione cristiana il matrimonio religioso può essere accettato oppure non avere alcun valore legale. La Francia, ad esempio, riconosce per legge solo il matrimonio civile. Gli sposi possono celebrare anche quello religioso, ma solo dopo il matrimonio civile. Al contrario, in Danimarca e in Finlandia i matrimoni celebrati nelle chiese ufficiali dello Stato sono riconosciuti, a condizione che rispettino i requisiti previsti dal diritto civile. Nel Regno Unito il matrimonio religioso ha lo stesso valore legale di quello civile. Nelle Filippine, il matrimonio cattolico è valido solo se gli sposi ottengono un certificato di matrimonio e seguono la procedura prevista dal rito religioso sia prima che dopo la cerimonia.

Religione musulmana

Nei Paesi musulmani vengono accettati i matrimoni conformi alla legge islamica (sharia). Negli Emirati Arabi Uniti la sharia si applica non solo ai matrimoni tra musulmani, ma anche a quelli tra un musulmano e un non musulmano. In Marocco, il matrimonio ha sia valore civile che religioso. È comunque possibile celebrare soltanto il matrimonio civile davanti a un ufficiale di stato civile marocchino, una possibilità pensata soprattutto per i non musulmani, per gli stranieri e per le coppie miste. La riforma del Codice della famiglia marocchino incoraggia inoltre le coppie unite solo con rito religioso a procedere anche con la celebrazione civile.

Religione induista

Nel marzo 2017, in Pakistan è stata introdotta una legge che consente agli induisti di registrare ufficialmente il matrimonio religioso presso le autorità civili. Prima di allora solo i cristiani e i musulmani avevano questa possibilità. Questa normativa ha posto fine a un vuoto amministrativo che andava avanti fin dalla nascita del Paese, nel 1947. Già un anno prima, però, la provincia meridionale aveva approvato una legge che riconosceva i matrimoni induisti. In India, invece, questi matrimoni sono validi se celebrati secondo la normativa prevista dalla legge sul matrimonio induista.

Matrimonio consuetidinario

Come suggerisce il nome, questo tipo di matrimonio è legato alle tradizioni e agli usi del Paese in cui viene celebrato. Spesso si intreccia con il rito religioso, ma non ha valore legale.

Il matrimonio interreligioso ha valore legale?

La domanda si pone soprattutto per le coppie di espatriati o per chi, in una relazione, non condivide le stesse convinzioni religiose. Il matrimonio interreligioso, come suggerisce il nome, unisce due persone di fedi diverse. Dal punto di vista legale non crea particolari problemi, perché ciò che conta è l'unione civile, che resta quella ufficialmente riconosciuta. Se invece la cerimonia religiosa avviene in un Paese che le attribuisce validità, il matrimonio sarà considerato quello della religione di uno dei due coniugi.

Matrimonio interreligioso e matrimonio interculturale

È ovviamente possibile organizzare una cerimonia che includa le tradizioni culturali di entrambi i partner. Non bisogna però confondere il matrimonio interculturale con quello interreligioso. Una cerimonia nuziale non può unire allo stesso tempo principi religiosi diversi (per esempio con la presenza congiunta di un pastore, un prete e un imam). I rappresentanti delle diverse confessioni sottolineano la differenza tra tolleranza e sincretismo: non è possibile praticare più religioni contemporaneamente, perché questo finirebbe per svuotarle del loro significato, riducendole a un insieme ibrido.

Anche se il matrimonio interreligioso vuole essere un segno di tolleranza, entra spesso in contrasto con i fondamenti dottrinali di varie religioni. Nell'islam, ad esempio, una donna musulmana non può sposare un non musulmano, a meno che quest'ultimo non si converta. Un uomo musulmano, invece, può sposare una donna non musulmana, in particolare se cristiana o ebrea, anche se l'interpretazione dei testi coranici su questo punto resta oggetto di dibattito. Nel cristianesimo il matrimonio con una persona non cristiana sembra possibile, ma i testi biblici vietano in realtà le unioni interreligiose, smentendo un luogo comune piuttosto diffuso. Per quanto riguarda l'induismo, la legge sul matrimonio del 1955 consente il matrimonio solo tra induisti, giainisti, buddisti e sikh. Chi non appartiene a queste fedi deve invece fare riferimento alla Legge speciale sul matrimonio del 1954.

Quali paesi riconoscono il matrimonio di fatto?

Conosciuto anche come "matrimonio di diritto comune" (common law marriage), il matrimonio di fatto equipara i conviventi a una coppia sposata, senza bisogno di una cerimonia civile o religiosa. Questa forma di unione, però, è riconosciuta solo in pochi Paesi. Alcuni Stati degli USA e dell'Australia, oltre a diverse province canadesi, ammettono il common law marriage. In Australia è definito de facto partnership o domestic partnership. In Israele viene scelto da chi vuole evitare la cerimonia religiosa o da coppie LGBTQ+. In Francia, i Comuni possono rilasciare un certificato di concubinato, che però non ha alcun valore giuridico.

Monogamia, poligamia, poliandria: riconoscimento legale

La La monogamia è la forma sociale più diffusa e, in linea di principio, il matrimonio viene considerato monogamico. Esistono però culture che si fondano sul modello poligamico o su quello poliandrico.

La poligamia è consentita in Paesi come Cambogia, Indonesia, Camerun, Mali, Burkina Faso e Sudafrica. Anche Senegal, Algeria, Emirati Arabi Uniti e Pakistan la riconoscono sulla base della legge islamica, che permette a un uomo musulmano di avere fino a quattro mogli, o più, a seconda delle interpretazioni. In Arabia Saudita, invece, la poligamia non ha limiti. Non tutti i Paesi musulmani, però, la ammettono: Turchia, Tunisia e Guinea l'hanno vietata. Negli Stati Uniti alcune comunità mormoni la praticano ancora. Resta comunque un'eccezione, dal momento che la poligamia è proibita nella maggior parte del mondo. Si stima che circa il 2% della popolazione mondiale viva in famiglie poligame.

La poliandria, cioè la possibilità per una donna di avere più mariti, è molto più rara. È legale in Kenya e in Gabon. Nel 2021, alcuni attivisti per i diritti umani hanno fatto pressione sul governo sudafricano affinché la legalizzasse in nome della parità, visto che la poligamia è già ammessa. La proposta rientra in una revisione più ampia della legge sul matrimonio, che conserva ancora principi ereditati dall'apartheid. Il progetto di riforma prevederebbe anche il riconoscimento dei matrimoni induisti, ebrei, musulmani e rastafariani (religione nata in Giamaica), oggi non validi. Attualmente, infatti, la legge riconosce solo il matrimonio cristiano.

Paesi che riconoscono il matrimonio omosessuale

Un numero sempre maggiore di Stati riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La Thailandia è uno degli ultimi Paesi ad aver approvato il matrimonio per tutti. Il 18 giugno 2024, il Parlamento ha votato una legge sul matrimonio omosessuale, entrata in vigore il 24 settembre. Nel testo i termini “mariti” e “mogli” sono stati sostituiti da espressioni neutre come individui e partner. Con questa riforma la Thailandia si è aggiunta a Paesi come Nepal, Taiwan, Messico, Sudafrica, Australia, Canada e a molti Stati europei.

In linea di principio, i Paesi che hanno riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso sesso accettano anche i matrimoni celebrati all'estero. Il coniuge espatriato può quindi ottenere un visto come familiare a carico e i diritti della coppia vengono riconosciuti al pari di qualsiasi altro matrimonio. La validità, però, non è universale: negli Stati che vietano il matrimonio egualitario, un'unione tra persone dello stesso sesso contratta all'estero non ha alcun valore legale.

I Paesi che riconoscono il Pacs 

Il Pacs (Pacte civil de solidarité, o partenariato civile) non è un matrimonio, ma un contratto tra due persone maggiorenni. A seconda della legislazione nazionale, può essere aperto o meno alle coppie dello stesso sesso. Come i coniugi, anche i partner uniti da un Pacs possono scegliere tra separazione dei beni, gestione contrattuale o comunione. In generale, però, dispongono di meno diritti per quanto riguarda i figli, l'adozione, l'esercizio della responsabilità genitoriale e l'eredità.

Il Pacs non è riconosciuto ovunque. In linea di principio, non ha valore legale al di fuori del Paese in cui è stato stipulato. Nella pratica, però, gli Stati che prevedono il Pacs, o un istituto equivalente, tendono spesso a riconoscere alcuni diritti anche alle coppie straniere.

Al contrario, in alcuni Paesi i partenariati civili sono vietati, come negli Stati che applicano la legge islamica. Altri, come il Giappone, non prevedono questa possibilità nella loro legislazione. Va ricordato che in Giappone il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è ancora riconosciuto, anche se un numero crescente di municipalità rilascia certificati di partnership a coppie omosessuali. Per questo motivo, la questione del Pacs è cruciale per chi valuta un espatrio: in certi Paesi il matrimonio resta l'unica via per ottenere un visto come coniuge.

Il riconoscimento in Italia dei matrimoni celebrati all'estero dagli italiani 

Chi vive all'estero e decide di sposarsi nel Paese di residenza spesso scopre solo dopo che la cerimonia non basta di per sé a far valere l'unione anche in Italia. La regola di base è semplice: se il matrimonio è celebrato davanti all'autorità locale competente - quindi in municipio o in un ufficio dello stato civile - viene riconosciuto anche dal nostro ordinamento. Ma attenzione: perchè abbia effetti giuridici in Italia (ad esempio sul regime patrimoniale della coppia, sui diritti successori o sulla possibilità di richiedere documenti come il certificato di matrimonio italiano) serve un passaggio ulteriore, cioè la trascrizione.

Questa procedura non è complicata, ma non avviene in automatico. Gli sposi devono presentare l'atto di matrimonio estero, completo di traduzione e legalizzazione se richieste, al Consolato italiano competente per il territorio. Sarà poi il Consolato a inviarlo al Comune italiano di iscrizione AIRE, dove il matrimonio verrà trascritto nei registri dello stato civile. Finché questo non succede, l'unione resta valida all'estero ma non ha effetto in Italia: in pratica, siete sposati nel Paese in cui vivete ma per la burocrazia italiana risultate ancora celibi o nubili.

Vale anche la pena ricordare che un matrimonio religioso celebrato all'estero non sempre è sufficiente: se non ha valore civile nel Paese ospitante, non sarà riconosciuto in Italia. Per evitare sorprese conviene quindi informarsi prima presso il Consolato o consultare il sito del Ministero degli Esteri, così da sapere con certezza quali documenti serviranno e quali passaggi rispettare.

Fonti:

Formalità burocratiche
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A proposito di

Dal 2012 gestisco la community italiana di , dove accompagno quotidianamente italiani già espatriati o in procinto di trasferirsi. Rispondo alle loro domande, attraverso i forum, su temi cruciali come lavoro, alloggio, sanità, scuola, fiscalità, burocrazia e vita quotidiana all’estero. Il mio ruolo è ascoltare, orientare, condividere risorse affidabili e facilitare il contatto tra espatriati per stimolare la condivisione di esperienze. Gestisco anche la comunicazione e la traduzione di contenuti per la piattaforma. Scrivo articoli per il magazine di , affrontando tematiche fondamentali per gli italiani nel mondo come tramandare la lingua italiana ai figli nati all’estero, le relazioni interculturali e l'identità italiana nel mondo, le opportunità di studio e lavoro per i giovani italiani all’estero, l'assistenza sanitaria per gli espatriati italiani e la burocrazia italiana per chi vive all’estero (AIRE, documenti, rinnovi, ecc.). Gestisco inoltre la sezione delle guide, dove mi occupo della traduzione di contenuti dall'inglese all'italiano, e la sezione del magazine dedicata alle interviste degli italiani all'estero: una vera e propria fonte di informazioni sulla vita all’estero, dalla viva voce di chi l’ha vissuta e la racconta per aiutare altri italiani nel loro progetto di espatrio. Nel corso degli anni ho intervistato vari profili tra cui studenti, professionisti, imprenditori, pensionati, famiglie con figli, responsabili dei Centri di Cultura italiana all'estero, dirigenti delle Camere di Commercio Italiane nel mondo, e membri del Com.It.Es. Ho contribuito all'organizzazione di varie iniziative che hanno ricevuto ampia copertura da AISE (Agenzia Internazionale Stampa Estero), dall'agenzia giornalistica nazionale Nove Colonne, da ComunicazioneInform.it e da ItaloBlogger.com, come rappresentante degli expat italiani nel mondo. Un riconoscimento che valorizza il mio impegno nella promozione della cultura italiana e nella creazione di legami comunitari significativi.

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