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Come seguire il tuo compagno all'estero con il visto più adatto

couple a l'aeroport
drazenphoto / Envato Elements
Scritto daAsaël Häzaqil 18 Agosto 2025

Hai deciso: partirai per raggiungere il tuo partner all'estero. Prima di iniziare la nuova vita insieme, dovrai però affrontare la burocrazia. Stato civile (sposati o meno), tipo di visto, documenti da preparare, eventuali restrizioni e tempi di attesa sono tutti fattori che influenzano il percorso. Ecco cosa considerare.

Visti per partner: come lo stato civile influisce sulle tue opzioni

Il tuo stato civile - sposato, unione civile, convivenza registrata o relazione omosessuale - può incidere molto sulla possibilità di ottenere un visto o un permesso di soggiorno, qualunque sia la categoria (permesso di soggiorno, visto di lavoro, visto per familiari a carico, visto per imprenditori, ecc.).

Se il Paese ospitante riconosce la vostra relazione, il partner espatriato potrebbe sponsorizzarti. In caso contrario, dovrai rispettare le restrizioni previste. Ad esempio, in alcuni Paesi la sponsorizzazione è possibile solo se si è legalmente sposati. Altri richiedono un matrimonio eterosessuale legalmente riconosciuto (come negli Stati Uniti, in Giappone e nei Paesi del Golfo). Altri ancora sono più flessibili, consentendo la sponsorizzazione anche senza un'unione formale (come in Canada, Danimarca e Ghana)

Lo status di immigrazione del partner

Non tutti i visti o permessi di soggiorno consentono di sponsorizzare un coniuge o un partner. In molti Paesi questo diritto è riservato ai cosiddetti “talenti stranieri”: residenti permanenti, titolari di visti per lavoro qualificato o altamente qualificato, possessori di EU Blue Card, Golden Visa, dottorandi o lavoratori impiegati in professioni ufficialmente carenti.

Le autorità vorranno prima verificare che il tuo partner disponga di mezzi economici sufficienti e di un alloggio adeguato per mantenerti. In alcuni casi, potresti ottenere gli stessi diritti previsti dal suo visto, come l'autorizzazione a lavorare o a studiare. Alcuni Paesi riconoscono solo i matrimoni civili tra uomo e donna, altri accettano anche matrimoni religiosi, unioni registrate o matrimoni tra persone dello stesso sesso. In ogni caso, la richiesta di sponsorizzazione deve essere presentata dal tuo partner.

Se siete sposati

I coniugi legalmente sposati hanno di solito maggiori possibilità di ottenere un visto. Le probabilità aumentano ulteriormente quando il matrimonio è eterosessuale e riconosciuto dalla legge, poiché molti Paesi tendono a concedere più facilmente i visti alle coppie sposate eterosessuali rispetto a quelle dello stesso sesso.

Il coniuge espatriato presenterà la richiesta di sponsorizzazione (spesso chiamata visto per familiari a carico, visto per coniuge, visto di lungo soggiorno o, in alcuni Paesi, fa parte di un programma di ricongiungimento familiare). La procedura è a pagamento e il partner dovrà dimostrare di avere un reddito sufficiente e un alloggio idoneo per poterti sponsorizzare.

Se siete in un'unione civile

Puoi essere sponsorizzato solo nei Paesi che riconoscono le unioni civili, anche se la terminologia può variare. Nel Regno Unito, ad esempio, si parla di civil partnership e in Canada di common-law partner.

Per poterti sponsorizzare, il partner dovrà dimostrare che siete in una relazione continuativa da almeno un anno. Se la domanda viene approvata, otterrai un visto per familiari a carico.

Se siete conviventi di fatto

I Paesi che autorizzano la sponsorizzazione per le coppie conviventi sono pochi. In Canada esiste la categoria di conjugal partner: bisogna dimostrare una “relazione autentica” da almeno un anno, esclusiva e stabile, senza essere sposati o aver contratto un'unione civile.

In Australia ci sono due visti: il partner visa e il prospective marriage visa, entrambi destinati a chi non è legalmente sposato e fa domanda dall'estero. Anche Spagna, Portogallo, Brasile, Svezia e Norvegia concedono visti ai partner non sposati.

Se entrambi siete europei

Se tu e il tuo partner siete cittadini dell'UE e lui si è trasferito in un altro Paese dell'UE, dello SEE o in Svizzera, non ti serve un visto per raggiungerlo. La cittadinanza europea ti garantisce la libertà di circolazione in questi Paesi.

Dovrai comunque registrarti presso il Comune entro tre mesi dall'arrivo. In base alle normative locali, al momento della registrazione potrebbero richiederti alcuni documenti.

Partner dello stesso sesso: come ottenere un visto

Tutto dipende dalle leggi del Paese ospitante:

  • Alcuni riconoscono lo status di familiare a carico sia per coppie sposate che non sposate dello stesso sesso.

  • Altri lo riconoscono solo per coppie dello stesso sesso legalmente sposate.

  • Altri ancora non riconoscono in alcun modo le unioni tra persone dello stesso sesso.

Se la vostra relazione non è riconosciuta, non potrai ottenere un visto tramite la sponsorizzazione. Dovrai quindi richiedere un tuo permesso di soggiorno, in base alla durata prevista del soggiorno (temporaneo o permanente) e al motivo (lavoro o studio).

Tra i Paesi che concedono lo status di familiare a carico a partner dello stesso sesso ci sono Canada, Nuova Zelanda, Australia, Brasile, Argentina, Thailandia e diversi Stati europei (Italia, Spagna, Belgio, Francia, Croazia, Finlandia, Danimarca, Germania…).

Il partner può ottenere un visto di lavoro?

Nei Paesi che riconoscono le coppie non sposate e quelle dello stesso sesso, le regole sul diritto al lavoro tendono a essere più flessibili. Resta comunque tutto legato alle normative locali. In molti Stati europei, così come in Canada, Stati Uniti, Argentina, Brasile e Australia, i permessi di soggiorno per familiari a carico includono spesso anche il diritto di lavorare. In Australia, ad esempio, i familiari a carico possono ottenere il permesso di lavoro se il partner sponsor è residente permanente, lavoratore autonomo qualificato o impiegato in una professione con carenza di personale. Al contrario, i cittadini UE che vivono in un altro Paese dell'UE possono lavorare senza bisogno di un permesso di lavoro.

Anche nei Paesi “aperti” esistono però restrizioni. In Canada, la possibilità di ottenere un permesso di lavoro dipende dal programma di immigrazione del partner (permesso di lavoro aperto o chiuso). Dal 21 gennaio 2025, le nuove regole limitano i "permessi di lavoro aperti per familiari" ai coniugi di determinati studenti e lavoratori stranieri, inclusi i dottorandi e chi è impiegato in professioni con carenza di personale.

Paesi in cui i familiari a carico non possono lavorare

Alcuni visti per familiari a carico non consentono di lavorare, come quelli di India, Cina, Turchia, Colombia, Kuwait e diversi Paesi dell'Africa subsahariana (Kenya, Sudafrica, Camerun, Nigeria…). A Mauritius, il visto per familiari collegato all'Occupation Permit di un espatriato non permette al coniuge di lavorare, neppure come microimprenditore. In questo caso serve un permesso di lavoro proprio.

In Kuwait è necessario avere uno sponsor locale. Il Camerun fa eccezione: se sei un lavoratore autonomo e il tuo partner è residente permanente, puoi iniziare a lavorare senza dover richiedere un permesso di lavoro.

Paesi con diritti al lavoro limitati

Alcuni Paesi impongono restrizioni parziali, tra cui Giappone, Messico, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (EAU), Qatar e Thailandia. In Giappone, il partner deve essere titolare di un visto per professionisti altamente qualificati e tu potrai lavorare solo in settori “highly skilled” (le eccezioni sono rare e valutate caso per caso). Negli EAU, i coniugi maschi di donne espatriate incontrano ulteriori limitazioni.

Visto per familiari a carico: documenti richiesti

I requisiti variano a seconda del Paese, ma in genere ti verrà chiesto di presentare:

  • Passaporto valido

  • Visto o permesso di soggiorno del partner

  • Prova del reddito del partner

  • Foto recente formato tessera

  • Modulo di richiesta del visto (se la domanda è cartacea)

  • Questionario compilato (può includere informazioni matrimoniali e professionali)

  • Copia del libretto di famiglia (se richiesto)

  • Certificato di matrimonio

  • Pagamento delle tasse per la presentazione della domanda

Alcuni Paesi richiedono documenti aggiuntivi, come la prova di risorse economiche proprie, la prova di residenza o una visita medica. In Giappone è obbligatorio sottoporsi un questionario, mentre in Thailandia serve il certificato di nascita. Negli Emirati Arabi Uniti, chi viene giudicato “non idoneo dal punto di vista medico” non può essere sponsorizzato.

Visto per familiari a carico: scadenze per la domanda

Attenzione anche alle tempistiche. Negli Emirati Arabi Uniti, ad esempio, il partner deve richiedere la sponsorizzazione entro 60 giorni dal proprio ingresso nel Paese. In alcuni casi può essere concesso un visto di residenza di cinque anni. In Giappone, la durata del visto varia da 6 mesi a 5 anni, ma la procedura può richiedere “diversi mesi”: il primo passo prevede l'ottenimento del Certificate of Eligibility, che però non garantisce automaticamente il rilascio del visto.

In Canada, i tempi di elaborazione variano da 11 a 37 mesi, a seconda che tu viva all'estero o in Canada, e che il partner risieda in Quebec o in un'altra provincia (37 mesi se il partner è in Quebec e tu sei all'estero; 11 mesi altrove; 38 mesi se sei in Canada e il partner in Quebec; 34 mesi se il partner non è in Quebec). È possibile verificare i tempi di elaborazione sul sito del governo canadese.

Se lo status del partner lo consente (ad esempio, lavoratore altamente qualificato), fare domanda insieme è spesso il modo migliore per rispettare le scadenze ed evitare attese prolungate.

Fonti:

Formalità burocratiche
visto
A proposito di

Asaël Häzaq, web editor specializzato in notizie politiche e socioeconomiche, osserva e decifra le tendenze dell'economia internazionale. Grazie alla sua esperienza come espatriata in Giappone, offre consigli e analisi sulla vita da espatriato: scelta del visto, studi, ricerca di lavoro, vita lavorativa, apprendimento della lingua, scoperta del Paese. Titolare di un Master II in Giurisprudenza - Scienze Politiche, ha sperimentato anche la vita da nomade digitale.

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