
Potrebbe sembrare un argomento leggero, quasi comico. Eppure le ricerche dimostrano che questo bisogno umano fondamentale non viene affrontato nello stesso modo ovunque e alcuni datori di lavoro arrivano persino a limitare il tempo concesso ai dipendenti per andare in bagno Perché accade? Vediamo più da vicino alcune pratiche insolite adottate dalle aziende all'estero.
Le pause bagno fanno parte dell'orario di lavoro retribuito?
In Svizzera, la risposta è “no”.
La storica azienda di orologeria Jean Singer & Cie sostiene che il tempo trascorso in bagno debba essere detratto dalle ore lavorative retribuite, una posizione che contrasta con le raccomandazioni dell'Ufficio per le Relazioni e le Condizioni di Lavoro (). L'ORCT avverte che queste decurtazioni finiscono per spingere i lavoratori a trattenersi o a ridurre l'assunzione di acqua
La vicenda arriva in tribunale e l'azienda ha la meglio. Il Tribunale di diritto pubblico stabilisce che il concetto di “pausa” non è definito con chiarezza nella legislazione svizzera e che, di conseguenza, nulla vieta a un datore di lavoro di considerare il tempo trascorso in bagno come non retribuibile.
Il Segretariato di Stato dell'Economia prende atto della sentenza, ma mette in guardia: “una misura che sottopone i dipendenti a un controllo totale delle loro azioni all'interno dell'azienda è, di per sé, incompatibile con il principio del rispetto dell'integrità personale dei lavoratori”.
Anche il bisogno più elementare riesce quindi a suscitare dibattiti accesi. È inoltre la prima volta che un tribunale svizzero si esprime su questo tema. Chi lavora in Svizzera farebbe bene a verificare le regole interne della propria azienda, prima di dare per scontato che le pause bagno siano comprese nell'orario di lavoro.
Un costo che alcuni datori di lavoro considerano significativo
Il dibattito non si limita alla Svizzera. Secondo numerosi reportage, in tutto il mondo non mancano tentativi di ridurre le pause bagno in nome della produttività.
A Chicago, un'azienda finisce sui giornali dopo la denuncia di un sindacato per “molestie legate all'uso del bagno”. La società ha installato badge magnetici per monitorare l'accesso ai servizi e ordinato ai dipendenti di non superare i sei minuti al giorno in bagno.
Nel Regno Unito, un'altra ha installato water con sedile inclinato di 13 gradi in avanti. L'obiettivo è scoraggiare chi si attarda: dopo circa cinque minuti, la pressione sulle gambe rende scomoda la seduta. L'azienda sostiene che questa misura permetta di risparmiare denaro, ricordando in un comunicato che “le pause troppo lunghe dei dipendenti costano ogni anno all'industria e al commercio circa 4 miliardi di sterline”.
Trattenersi fa male: i rischi per la salute
Le conseguenze sulla salute sono reali e gravi. È quanto evidenzia il gruppo nelle sue ricerche.
Ignorare lo stimolo a urinare provoca disturbi digestivi e urinari, infezioni renali e, col tempo, problemi ancora più seri. Alcuni farmaci ne aumentano la frequenza, e lavorare in ambienti freddi – come nei cantieri o nei magazzini refrigerati – porta a usare più spesso i servizi. Gli autisti sono tra i più colpiti: guidare con la vescica piena, sotto consegne serrate, riduce la concentrazione, accresce lo stress e mette in pericolo sia chi guida che gli altri.
Le donne hanno bisogno di usare più spesso i servizi in alcune fasi del ciclo mestruale, in gravidanza o in menopausa. Anche gli uomini con problemi alla prostata vanno più frequentemente. I dipendenti dei call center, incoraggiati a bere acqua per proteggere la voce, non sempre riescono ad assentarsi quando devono restare disponibili per i clienti.
Tutti questi fattori trasformano la questione in un problema di salute pubblica – anche se, come espatriati, è meno probabile imbattersi in restrizioni così severe.
Come affrontano il tema i diversi Paesi
Rispetto alla Svizzera, le leggi non sono necessariamente più chiare altrove. Nella maggior parte dei Paesi non esistono regole che stabiliscono quanto tempo si possa passare in bagno né se questo rientri nell'orario di lavoro.
Stati Uniti
L'Occupational Safety and Health Administration () impone che i lavoratori abbiano accesso ai servizi igienici, ma non precisa per quanto tempo possano usarli. I datori di lavoro possono limitarne l'accesso solo in caso di una giustificazione “ragionevole”, concetto interpretabile.
Nuova Zelanda
La legge sul lavoro prevede pause obbligatorie, e il sito del governo fornisce linee guida precise: ad esempio, per un turno che va dalle 4 alle 6 ore di lavoro spetta una pausa pagata di 10 minuti. L'uso del bagno, però, non è menzionato esplicitamente.
Giappone
In Giappone i bagni sono particolarmente puliti e dotati di comfort come sedili riscaldati, getti d'acqua per l'igiene, musica di sottofondo e altro ancora. Le norme culturali sulla pulizia e la disciplina fanno sì che non vi siano forti restrizioni all'uso dei servizi nei luoghi di lavoro. Alcune aziende promuovono persino pause programmate, che comprendono anche un po' di ginnastica lieve in ufficio.
India
In India l'accesso a servizi igienici adeguati rappresenta ancora una sfida di salute pubblica in alcune aree. C'è un grande divario tra le aziende che rispettano standard internazionali e quelle che non lo fanno. Alcuni reportage segnalano accesso limitato o difficoltoso ai bagni in magazzini gestiti da grandi multinazionali. Anche le condizioni delle pause in fabbrica restano un problema. Per un espatriato che gestisce un impianto produttivo, si tratta di un tema da tenere in considerazione.
In molti Paesi cresce la consapevolezza che servano regole più chiare sulle pause bagno, prima che questa semplice funzione fisiologica si trasformi in un vero problema di salute pubblica.
Fonti: